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C'erano
una volta dei pezzi di legno... parafrasando C. Collodi
si potebbe iniziare così il racconto di come
si costruisce un violino ma anche una viola o piuttosto
un violoncello. In un certo senso il riferimento al
contesto fiabesco può essere calzante se si
pensa al risultato finale della lavorazione del legno
grezzo allorchè le mani esperte dell'artigiano
consegnano nelle altrettanto esperte mani del musicista
l'opera di liuteria appena realizzata. Sembra davvero
che si sia compiuta una magia.
I
pezzi di legno in questione non sono dei pezzi di
legno qualsiasi. I loro nomi sono altisonanti, alla
stregua di un titolo nobiliare:
"Abete Rosso della Val
di Fiemme"
"Acero Montano dei Balcani"
"Ebano Nero del Madagascar"
C'è di che rimaner
impressionati a fronte di tanto blasone !
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In effetti l'ebano nero del
Madagascar sarebbe veramente il non plus ultra per
un liutaio. Il fatto è che non è per
niente facile procurarselo, al che si ricorre quasi
sempre all'ebano di provenienza africana, il più
diffuso.
Osserviamo
brevemente com'è fatto un violino, simbolo
per antonomasia degli strumenti musicali ad arco,
secondo i canoni dell'arte liutaria classica: gli
schemi qui sotto possono aiutare in tal senso evidenziando
i componenti principali dello strumento.
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E'
sicuramente il caso di soffermarsi per prima cosa
su due componenti in particolare che fra tutti sono
quelli la cui caratteristica funzionale specifica
può non essere di immediata comprensione a
differenza degli altri:
"catena" e "anima".
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La
catena è un listello di abete opportunamente
sagomato che viene collocato sotto la tavola armonica
parallelamente alle corde, in corrispondenza di quelle
"gravi" cioè più spesse (terza
e quarta) che, tramite il piede sinistro del ponticello,
esercitano una forza considerevole sulla tavola stessa
per cui la sua funzione più evidente è
quella di rinforzo della struttura. Inoltre, svolge
anche la funzione acustica di distribuire le vibrazioni
prodotte dalle "note basse" su tutta la tavola
armonica. |
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In modo analogo l'anima, un
cilindretto anch'esso di abete posizionato ad incastro
fra la tavola armonica ed il fondo, simmetricamente
alla catena nei pressi del piede destro del ponticello,
svolge due funzioni: quella prevalente è acustica
perchè trasmette le vibrazioni della tavola armonica
al fondo dello strumento consentendo la risonanza di
tutta la cassa; l'altra funzione, come per la catena,
è di distribuire, in questo caso al fondo, la
forza esercitata sulla tavola armonica dalle corde. |
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Nel posizionare, da parte del liutaio, questi due
elementi può dipendere la buona riuscita o
meno di tutta l'acustica dello strumento a conferma
del fatto che molto spesso quello che non si vede
è ciò che poi fa la differenza. Differenza
che significa padronanza della tecnica, acquisita
dopo anni di intenso studio e di entusiastica sperimentazione.
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Marco Cioni che si
definisce essere stato fin da adolescente un "aggeggione",
termine toscano che va inteso come di persona che
non conosce affermazioni quali "non mi riesce",
"non son capace", perchè prova e
si cimenta finchè non ha successo, ha scovato
in giro per il mondo antichi testi dei maestri liutai
del passato quali Domenico Angeloni, Simone F. Sacconi,
Antoine Vidal e, a ben vedere dai risultati, li ha
studiati molto attentamente.
Racconta egli stesso: "Per i primi violini seguii
le indicazioni del testo di Sacconi "I segreti
di Stradivari". Come primo risultato ottenni
un violino troppo piccolo 34 centimetri e mezzo, il
secondo invece mi venne troppo grande, poco più
di 36 centimetri".
Beh, son cose che capitano vien da dire.... se si
pensa che la misura standard è di cm 35,6...!
Dopo più di 10 anni di studi ed esperienze
Marco realizza strumenti ad arco costruendo una ad
una tutte le parti necessarie usando legni della tradizione
classica ma non solo.
"Per fare un quartetto d'archi (tipico set di
produzione del liutaio composto da viola, violoncello
e due violini), questo dovrebbe essere realizzato
con legname proveniente dalla stessa pianta"
spiega Marco. "Normalmente uso legni tradizionali
ma ogni tanto mi piace sperimentare" e continua:
"per le controfasce ad esempio uso un legno che
nasce spontaneo in Torbecchia (la località
dove abita); mio zio falegname lo chiamava Salia ma
in realtà è un tipo di Salice. Anche
Stradivari talvolta usava il Salice", afferma
compiaciuto. Dice ancora Marco: "Sempre qui intorno
casa cresce un altro tipo di pianta che con grande
sorpresa si è rivelata possedere qualità
acustiche del tutto inaspettate: la Robinia. Ho un
amico e cliente, primo violino dell'Orchestra Sinfonica
di Sanremo", racconta con una punta di orgoglio,
"che mi fa l'onore di provare i miei strumenti.
A lui questo legno piace molto, come mi ha fatto notare
in più di un'occasione. Ricordo, in uno dei
primi utilizzi, di avergli preparato una cordiera
di Robinia e di avergliela inviata per posta senza
alcuna particolare pretesa, in verità. Ebbene,
mi chiamò, sorpreso dalla singolare caratterizzazione
del suono ottenuto con quella cordiera". Una
bella soddisfazione, diciamolo pure!
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Ecco quindi uno degli strumenti di Marco con alcune
parti in legno non tradizionale. Si tratta di un violino
facente parte di un quartetto d'archi: la mentoniera
è in Robinia; bottone, cordiera e piroli sono
invece in Erica, un altro tipo di legno che ha rivelato
qualità acustiche interessanti.
Un'altra particolarità riguarda il capotasto
superiore che in questo caso non è di legno
(di solito viene usato l'ebano come pure per il capotasto
inferiore) ma è ricavato invece da un osso
di bue precedentemente trattato con idrato di sodio
(soda caustica) e acqua bollente. Non è insolito
trovare sugli strumenti prodotti da Marco entrambi
i capotasti realizzati con questo materiale. Alcuni
esempi a tal proposito sono dati dai violini rappresentati
più avanti in questa stessa sezione.
Si notino inoltre anche le finiture in oro sui piroli
e l'intarsio sulla tastiera, pure questo in oro, con
il marchio dell'autore.
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Fin
dall'inizio del suo apprendistato Marco ha tenuto un
diario delle sue esperienze, come un esploratore in
terre lontane che ad ogni sosta aggiorna minuziosamente
il suo taccuino di viaggio. Con la pazienza di un monaco
amanuense, Marco ha annotato qualsiasi cosa con dovizia
di particolari e illustrazioni accurate, il tutto in
bella calligrafia come si usava una volta. |
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Marco
fa tutto questo solo per pura passione, con calma, nella
quiete del suo laboratorio. Esente da obblighi e scadenze
di qualsiasi tipo non usa semilavorati e, come già
detto, costruisce in proprio tutto quello che gli serve. |
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Per
arrivare a concludere la fase di lavorazione di liuteria
vera e propria, cioè per portare il violino "in
pigiama" come si dice in gergo, il che significa
non ancora verniciato, ci può volere anche un
mese. La foto qui accanto mostra appunto un violino
ancora "da vestire", operazione per cui, non
bisogna dimenticare, è necessario un periodo
anche più lungo. E' doveroso tener presente a
tal proposito che Marco impiega parte del tempo anche
per trasmettere ad altri la sua arte. Non è insolito,
recandosi presso il laboratorio, trovarlo a cesellare
una tavola armonica e al tempo stesso star dietro ad
uno o più apprendisti intenti a mettere in pratica
gli insegnamenti del maestro il quale si prodiga senza
risparmiarsi nel mostrare le varie tecniche di lavorazione,
dalla modellazione del legno alla preparazione della
colla, rigorosamente di origine naturale, dall'assemblaggio
delle parti alle operazioni di finitura. Qui a lato
e sotto osserviamo Marco che istruisce Alessandro sulla
rimozione della forma interna, sulla quale sono state
assemblate fasce e controfasce, poi incollate al fondo
del violino. Successivamente si controlla la perpendicolarità
degli zocchetti al piano orizzontale. |
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In appendice a questa
sezione torniamo a parlare per un momento della Robinia
che ci introdurrà, per così dire, ad
un "esperimento" portato a termine con successo
da Marco qualche tempo fa e che lo vide in quell'occasione
vestire i panni dell'eretico, metaforicamente parlando,
nei confronti dell'ortodossia liutaria.
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Come già accennato
poc'anzi Marco si procura la Robinia dal suo bosco intorno
casa. Molti anni fa, in seguito al taglio di un buon
numero di piante, fu abbandonata sul terreno una notevole
quantità di legname. Racconta egli stesso:
"Erano piante quasi secolari, enormi, abbattute
e rimaste per negligenza nel bosco, quindi mai tagliate
per farne legna da ardere. Una decina di anni or sono
ho recuperato questi tronchi che nel frattempo avevano
perso corteccia e alburno, divorati dai tarli e dagli
agenti atmosferici. Alcuni di questi tronchi",
continua Marco, "li segai a tavole per realizzare
un tagliere". Per altre notizie legate alla particolarità
di questo tagliere cliccare sull'immagine qui a lato
e leggere direttamente dal taccuino di Marco. |
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Dopo
aver quindi riscoperto questa "essenza", come
viene definito in ambito forestale la specie arborea
ed il legno che da questa si ricava, Marco aveva cominciato
a produrre con ottimi risultati alcune cordiere in Robinia,
delle quali di una in particolare abbiamo già
parlato. Da qui a domandarsi perchè non costruire
quasi interamente un violino in essenza di Robinia il
passo fu breve. Detto, fatto ! |
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Da
uno dei ceppi migliori fra quelli conservati, con taglio
tangenziale dalla zona del tronco nota come "durame"
ma tuttavia il più possibile vicino alla scorza
o corteccia, Marco ricavò i pezzi necessari per
fondo, fasce e manico. Anche la cordiera, la mentoniera
ed i piroli sono di Robinia ma, come ci suggerisce il
diverso colore, ricavati da ceppi differenti. Per controfasce
e zocchetti Marco utilizzò invece del legno di
Salice. Per tavola armonica, anima e catena utilizzò,
infine e con sollievo per i puristi, il classico Abete
rosso.
Il risultato fu lo strumento che si vede nelle foto
qui sotto. Chi lo ha provato ha asserito che basta solo
sfiorare leggermente le corde per capire che il violino
ha un'ottima risposta musicale.
Complimenti Marco ! |
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